Dopo le quattro battaglie del 1915 che si risolsero con un nulla di fatto per l'esercito italiano
che non era riuscito a sfondare lo schieramento difensivo austro-ungarico lungo il fronte dell'Isonzo,
il 1916 iniziò con altri preparativi offensivi per riuscire a scardinare i perni difensivi austriaci.
Alla conferenza di Chantilly, il generale Joffre fece pressione affinchè venisse organizzata un'
offensiva capace di alleggerire la pressione tedesca esercitata a Verdun e così, il Comando Supremo,
seppur tra mille difficoltà, si apprestò ad organizzare la successiva serie di assalti al forte
schieramento difensivo austriaco.
Dal 9 al 15 marzo 1916 quindi le truppe italiane furono impegnate nella quinta battaglia dell'Isonzo;
in quelle che erano considerate unicamente delle "azioni dimostrative" organizzate proprio per aiutare
l'alleato francese. Il teatro di operazioni era, ancora una volta il Carso e la testa di ponte di
Gorizia e Tolmino. Le azioni lungo tutta la fronte furono penalizzate dal maltempo che imperversava
nella regione degli scontri e pertanto, le azioni andarono via via affievolendosi. Inoltre, il Comando
Supremo dovete affrontare una situazione di emergenza nel Trentino dove si materializzò la spedizione
punitiva (strafe expedition) austro-ungarica. Lo spostamento di truppe dal fronte dell'Isonzo a quello
del Trentino interessò circa mezzo milione di uomini e, di conseguenza, tutte le azioni lungo l'Isonzo
furono sospese. Il carattere delle azioni offensive italiane era stato "dimostrativo" ma, ancora una
volta gli assalti si concentrarono contro il Monte San Michele e San Martino del Carso da dove
affluivano i rinforzi austro-ungarici che andavano a guarnire le posizioni del conteso monte. La
situazione dopo la quinta battaglia dell'Isonzo rimase più o meno la stessa, con le trincee che
continuavano a passare di mano in mano. Un prolungamento delle azioni offensive si ebbe solo in zona
Gorizia con le scaramucce che proseguirono fino alla fine del mese di marzo.
Tutto sommato il 1916 non era poi iniziato così male per gli italiani, che erano comunque riusciti a
raddrizzare il mezzo disastro causato dagli austro-ungarici in Trentino e che finalmente erano riusciti
a mettere a segno una bella vittoria. Sull'onda del successo acquisito demolendo la Strafe expedition
voluta dal generale Conrad von Hotzendorf, il Comando Supremo si apprestava a lanciare un'altra
offensiva lungo il fronte dell'Isonzo.
Dal 6 al 17 agosto scoppiò infatti la sesta battaglia dell'Isonzo,
conosciuta anche come battaglia di Gorizia. La città cadde in mano italiana grazie a brillanti
manovre ed a ben organizzate azioni diversive sul fronte di Monfalcone. Gli austro-ungarici,
pur dominando le posizioni favorevoli come il Monte Sabotino, Oslavia ed il Podgora nulla poterono
contro gli assalti italiani lanciati dopo due giorni di mostruosi bombardamenti, come mai fino a quel
momento se ne erano visti, lungo tutta la direttrice dell'attacco. Sembrava ormai che nulla potesse
fermare il Regio Esercito e che in effetti, il sistema difensivo austro-ungarico stesse iniziando ad
incrinarsi. Brillante fu anche l'azione condotta dalle colonne italiane sul Monte Sabotino che fu occupato in
soli quaranta minuti. Le perdite durante la battaglia di Gorizia furono rilevanti per entrambi i contendenti.
Boroevic dovette necessariamente spostare le sue truppe sulla seconda linea difensiva, alle spalle
della città ormai occupata dagli italiani e cercare di fronteggiare la situazione con le truppe ancora
disponibili. Da rilevare che cadde in mano italiana anche il nefasto Monte San Michele, che gli
austro-ungarici tentarono di rioccupare lanciando un attacco con gas asfissianti il 29 giugno ma che
si risolse con un nulla di fatto.
Per gli italiani si trattava ora di estendere i vantaggi territoriali ed offrire "respiro" a Gorizia e
relativa testa di ponte, cercando di conquistare le alture circostanti per consolidare le posizioni
acquisite e proseguire l'avanzata.
Il 14 settembre si materializzò la settima battaglia dell'Isonzo
che non portò il successo sperato ma solo ad una guerra d'attrito tesa a logorare entrambe le parti
in lotta.
Cadorna era risoluto a continuare gli sforzi per progredire a migliori posizioni e così, il Comando
Supremo organizzò un'altra spallata nel periodo 10-12 ottobre (ottava battaglia dell'Isonzo) che,
ancora una volta si concluse solo con pesanti perdite.
L'inferno sul fronte dell'Isonzo era comunque destinato a continuare ed ecco che dal 31 ottobre
al 4 novembre le truppe italiane furono nuovamente impegnate nel tentativo di scardinare le difese
austro-ungariche intorno a Gorizia. Nemmeno questa nona battaglia dell'Isonzo riuscì a portare
vantaggi rilevanti per il Comando Supremo. Gli austro-ungarici erano sempre attestati su posizioni
predominanti seppur in forte difficoltà a causa dell'allungamento del fronte difensivo e continuavano
ad inviare richieste di aiuto all'alleato tedesco che non le accoglieva. Il dissanguamento da entrambe
le parti era stato notevole; l'inverno ormai era alle porte. Non rimaneva altro che rafforzare le
posizioni e riorganizzare le forze disponibili in attesa degli eventi dell'anno successivo.