Il 1916 si chiuse quindi con un insuccesso dopo le brillanti vittorie itlaiane dell'estate. Cadorna
era preoccupato dal possibile intervento delle armate tedesche, alleate dell'Austria-Ungheria sul fronte dell'Isonzo.
L'inverno 1917 vide le truppe italiane impegnate ad organizzare e migliorare le
difese delle posizione acquisite. Al Comando Supremo era evidente che il sistema difensivo
austro-ungarico si era incrinato e che c'era la possibilità di ottenere nuovi vantaggi ma la situazione
dell'Esercito Italiano poteva essere messa allo stesso livello di quello austro-ungarico; i mesi di
continue lotte avevano stremato le forze dei due contendenti. Le vicende della guerra sul fronte
occidentale portarono i francesi ad esercitare pressioni su Cadorna affinchè questi organizzasse
un altro ciclo di offensive lungo il fronte dell'Isonzo.
Fu così che il 12 maggio iniziò la decima battaglia dell'Isonzo con grande spiegamento di forze.
Durante l'inverno gli italiani ammassarono quante più batterie di artiglieria possibili per offrire
il miglior supporto all'avanzata. La decima battaglia si sviluppò lungo il corso del fiume Isonzo,
interessato da un poderoso bombardamento delle posizioni austro-ungariche lungo tutta la loro linea.
L'obiettivo della nuova offensiva era l'occupazione della selva
di Tarnova che doveva essere raggiunta passando per l'altopiano della Bainsizza. Ancora una volta
furono organizzate delle azioni diversive sull'altopiano carsico, precisamente in zona Jamiano,
in direzione dell'Hermada, fortezza naturale che sbarrava la strada per Trieste. Sembrava che le
cose si stessero mettendo bene per gli italiani e che la linea difensiva austro-ungarica fosse in
procinto di cedere completamente, con gli italiani che riuscirono a passare l'Isonzo nei pressi
di Zagora, dopo aver occupato il Monte Santo quando invece gli austro-ungarici riuscirono ad
organizzare e lanciare una controffensiva (3 giugno) che, di fatto, tolse agli italiani quasi
tutto il terreno acquisito durante la battaglia. Il 5 giugno la decima battaglia era ormai
terminata, con Cadorna che decise di sospendere le operazioni il giorno seguente. I vantaggi
acquisiti nell'altopiano della Bainsizza per arrivare alla selva di Tarnova non premiavano
assolutamente gli sforzi profusi. Ancora una volta le perdite per entrambi gli schieramenti in
lotta si contarono sulla base di centinaia di migliaia di uomini tra morti, dispersi, feriti
e prigionieri. L'epilogo finale fu un'altra vittoria dell'esercito austro-ungarico che era
riuscito ad arginare l'impeto degli italiani.
Una pausa di un mese e mezzo circa permise di riorganizzare le forze e prepararle per la
successiva undicesima battaglia dell'Isonzo (18 agosto-12 settembre). Qualcosa era cambiato
ai vertici della IIa Armata italiana. Il generale Capello ne era divenuto il comandante il primo
di luglio e subito si mise al lavoro diramando ordini a destra e a manca secondo i suoi sogni di
gloria e comunque non corrispondenti agli intendimenti del Comando Supremo. Cadorna non era
presente perchè impegnato a Parigi e quando rientrò, trovò i piani già pronti. A soli due giorni
dal lancio della nuova offensiva, non si poteva più modificare nulla. Sulla carta l'obiettivo
principale era ancora la conquista della selva di Tarnova, ovviamente rafforzando l'occupazione
dell'altopiano della Bainsizza ma Capello stravolse invece gli intendimenti, decretando Tolmino
quale obiettivo principale della Terza Armata anzichè quello indicato da Cadorna.
Durante l'offensiva si ebbero indiavolati combattimenti per l'occupazione del Monte San Gabriele,
che gli italiani non riuscirono mai ad espugnare così come azioni furono svolte contro l'Hermada
ma senza successo. Cadde l'altopiano della Bainsizza, ora completamente in mano italiana ma che
diede enormi problemi per i collegamenti ed i rifornimenti; per di più la zona era quasi priva di
fonti d'acqua e queto creò notevoli problemi. Le linee austro-ungariche erano costantemente
battute dalle artiglierie italiane, in modo particolare il Monte San Gabriele, che
quotidianamente continuava ad ingoiare battaglioni su battaglioni, battuto incessantemente dalle
artiglierie dei due schieramenti in lotta. Ormai gli austro-ungarici non riuscivano più a tenere
le linee di difesa, battute come erano dalle artiglierie avversarie.
Fu quindi deciso di arretrare le difese e portarle fuori dal raggio delle batterie italiane.
La battaglia si stava ormai esaurendo ed a parte l'occupazione della Bainsizza, non ci furono
ulteriori vantaggi per gli italiani. Anche i sogni di gloria di Capello si infransero contro
la testa di ponte di Tolmino. Le manovre erano troppo articolate e le comunicazioni tra
i vari reparti erano quasi impossibili; mancò il coordinamento e pertanto, anche nell'Alto
Isonzo, si arrivò ad un nulla di fatto. Ancora una volta le perdite furono elevatissime per
entrambe le parti. Sparirono dalla scena qualcosa come 250.000 e più uomini tra morti, feriti,
dispersi e prigionieri. I due eserciti continuavano a dissanguarsi e non potevano più continuare
a darsi battaglia.
Con la linea di fronte austro-ungarica intorno a Gorizia a rischio di collasso a seguito dell'undicesima
bataglia dell'Isonzo, i tedeschi decisero di intervenire in aiuto dei loro alleati in modo da alleggerire
la pressione italiana. Paul von Hindenburg e Erich Ludendorff, comandanti della Terza Armata tedesca,
si accordarono con Arz von Straussenberg per l'organizzazione dell'offensiva combinata. Cadorna
aveva ricevuto rapporti dalla ricognizione aerea che indicavano movimento di truppe tedesche
dirette in zona Alto Isonzo. Anzichè continuare con le offensive egli decise di passare ad una
linea difensiva nell'attesa degli eventi.
Nel frattempo i preparativi austro-tedeschi continavano febbrilmente ed in quest'ottica furono dispiegate
nove divisioni austro-ungariche coadiuvate da sei tedesche, comandate agli ordini del generale von Hutier,
comandate da von Below, comandante della XIV Armata austro-ungarica nell'ottobre del 1917.
A capello, comandante della IIa Armata italiana sul fronte dell'Alto Isonzo, arrivarono ordini per
organizzare la linea difensiva. Ancora una volta Capello interpretò gli ordini a modo suo, organizzanzo
una linea offensiva, ammassando truppe per un prossimo attacco al fianco meridionale dello schieramento
austro-ungarico nei dintorni di Gorizia, lasciando sguarnito il settore di sua competenza in accordo
con gli ordini ricevuti dal Comando Supremo.
E così, alle due del mattino del 24 ottobre iniziò l'offensiva austro-tedesca nel settore di Tolmino.
Improvvisamente si scatenò l'inferno, con le artiglierie austro-tedesche impegnate in un colossale
bombardamento con granate a gas e fumogene. Le forze combinate riuscirono a scardinare il cordone difensivo
italiano, cogliendolo di sorpresa e ad avanzare rapidamente a colpi di bombe a mano e lanciafiamme. Agli
italiani non rimaneva altro che cercare di mettersi in salvo. Furono molte le truppe regie che vennero
tagliate fuori dalla rapida avanzata austro-tedesca e che dovettero prendere la via dell'internamento
nei campi di prigionia dell'Impero.
La dodicesima battaglia dell'Isonzo era già terminata.
Iniziò così una ritirata italiana su più linee: tagliamento prima e Piave poi. Fu un vero disastro perchè
nel giro di pochi giorni, gli italiani non solo persero tutto il territorio conquistato a prezzo di enormi
perdite e dispendio di materiali, ma videro a loro volta invasa la propria Patria.
Le conseguenze della rotta di Caporetto furono pesanti. Cadde il ministero Salandra. Cadorna venne sollevato dal comando e rimpiazzato
dal generale Diaz, intento ad organizzare una linea difensiva ed a riorganizzare l'esercito con nuovi
effettivi, su una linea che doveva appunto arginare la costante avanzata austro-tedesca...