Fin dal 1915 l'altipiano della Batognica fu occupato sia dall'esercito italiano, attestato ad oriente ed al
centro dello stesso e da quello austro-ungarico nel versante occidentale. L'occupazione e la relativa contesa
delle posizioni continuò incessante fine allo sfondamento del fronte dell'Isonzo da parte delle truppe degli
Imperi Centrali nell'ottobre del 1917.
Le posizioni dei due contendenti erano vicinissime durante l'estate,
nemmeno un centinaio di metri in alcuni punti; d'inverno, le trincee erano scavate nella neve e la distanza
diminuiva sensibilmente. Gli scontri sulla Batognica non furono mai rilevanti ai fini del risultato finale ma
nel maggio del 1916 gli austriaci tentarono di occupare le posizioni italiane dopo un violento bombardamento
delle stesse. L'assalto riuscì ma dopo poche ore gli Alpini italiani riuscirono a riconquistare il terreno
perduto. La staticità delle azioni fece si che si dovesse escogitare uno stratagemma per riuscire a soverchiare
il nemico e la conformazione geologica della Batognica stessa, formata da diversi strati di calcare chiamato
Drachstein, suggerì ai due schieramenti in lotta lo scavo di cunicoli che potessero agevolmente raggiungere le
posizioni tenute dal nemico. Era possibile la guerra di mine.
I primi a scavare furono gli italiani
e ben presto le loro intenzioni furono scoperte dagli austriaci dal momento che davanti alle posizioni italiane
si intravvedeva del fumo che usciva dalle crepe provocate nel terreno dalle opere di scavo. Non c'era la certezza
assoluta sulle intenzioni italiane, o meglio, gli uomini del Generale Gerabek, comandante del I° battaglione della
61a I.R., non avevano ancora capito se gli italiani stessero scavando una semplice galleria ricovero oppure
una vera e propria galleria per ospitare una camera di mina.
La reazione austriaca fu di attaccare immediatamente
le posizioni italiane e porre fine agli scavi ma, un'intensa nevicata mandò a monte l'attacco, congelando i piani
austriaci. Nel frattempo le truppe italiane rafforzavano le loro posizioni, specialmente in prossimità degli
imbocchi delle gallerie con nuovi ordini di reticolati ed altre opere nel limite delle possibilità offerte dal
rigido inverno e dallo spesso strato di neve.
A giugno (1917) gli italiani ripresero i lavori cercando di
coprire il rumore delle perforatrici con tiri di mortaio. Gli austriaci avevano già scavato il loro sistema di
ricoveri in caverna, peraltro abbastanza esteso, e riuscivano a sentire ugualmente i rumori dovuti all'incessante
lavoro di scavo delle truppe italiane che ora dirigevano la loro galleria proprio verso il centro delle posizioni
nemiche.
La situazione iniziava ad essere preoccupante ed il pericolo imminente in quanto il ramo più
avanzato della galleria italiana si trovava ad appena 10 metri da quella austriaca. Il generale Gerabek ed il
feldmaresciallo Scotti, comandante del 15° Corpo, decisero di far scavare una galleria in direzione di quella
italiana. Il 31 luglio silenzio completo; la tensione ormai era altissima. Gli italiani non lavoravano più
alla galleria. PEr pura combinazione gli zappatori austriaci incapparono nella camera di mina italiana che stava
proprio sopra la loro galleria. C'erano 2 tonnellate di nitroglicerina già collegata ai detonatori proprio sopra
le loro teste.
Gli zappatori austriaci riuscirono a scollegare tutti i detonatori meno uno, che doveva servire
da "spia" per capire quando gli italiani avessero fatto brillare la mina; rubarono pure tutto l'esplosivo sistemato
dagli italiani. Nella galleria furono lasciate alcune sentinelle per verificare la situazione e far rapporto.
Il 15 agosto gli italiani si accorsero che qualcosa non stava andando per il verso giusto; le sentinelle austriache
appostate nella galleria, dietro i sacchetti, udirono voci. Gli italiani iniziarono a spostare i sacchetti di sabbia
che "tappavano" la camera di mina per verificare quale fosse il problema ma ebbero una sgradita sorpresa.
Gli autriaci iniziarono un conflitto a fuoco mentre gli italiani rispondevano con lancio di bombe a mano.
Fu fatta intervenire una mitragliatrice che inchiodò le poche truppe austriache mentre il conflitto si protraeva incessante.
Alla fine arrivò il caporale Ratz armato di mitragliatrice che salvò la situazione. Gli austriaci richiusero la galleria
e si ritirarono. Per puro caso fu scoperta una diramazione della galleria italiana: dalla ghiaia si vedevano a tratti
altri cavi che non erano quelli scollegati in precedenza. Seguendoli gli austriaci arrivarono ad un'altra camera di
mina contenente due tonnellate e mezzo di nitroglicerina. Immediatamente furono date disposizioni per evacuare
l'esplosivo. Non era affatto semplice perchè, dopo il prolungato conflitto a fuoco le gallerie si erano impregnate
di vapori e fumi. L'ultimo carico di nitroglicerina fu portato via il mattino del 16 sotto il fuoco dei mortai italiani.
Improvvisamente scoppiò una mina italiana, piazzata in un'altra camera di mina di cui gli austriaci non erano a
conoscenza ma che non provocò alcun danno perché piazzata troppo lontano dalle postazioni autro-ungariche. Toccò quindi
agli austriaci far saltare una mina da 400 chilogrammi che avevano sistemato all'intersezione con la galleria italiana, che,
di fatto, sigillò per sempre il raccordo.
Il 18 agosto iniziò la XI battaglia dell'Isonzo e gli austriaci ritennero
che le mine piazzate dagli italiani dovesser esser fatte esplodere proprio per l'occasione.
La guerra di mine sulla
Batognica non era terminata. In settembre gli austriaci udirono ancora rumori provenienti dal sottosuolo. Dopo i rilevamenti
fu chiaro che gli italiani stavano scavando altre tre gallerie per raggiungere l'obiettivo fallito in precedenza. A questo
punto per gli austriaci non rimaneva che scavare a loro volta e portarsi in direzione delle gallerie italiane. Così fecero
e riuscirono a piazzare le rimanenti quattro tonnellate di nitroglicerina rubate agli italiani in una camera di mina prossima
agli scavi nemici. Ci vollero ben dodici ore per riempire la camera di mina, tanto era l'esplosivo.
Il 24 settembre, di prima
mattina, fu fatto brillare l'esplosivo che creò un cratere profondo 10 metri e dal diametro di 20!
La guerra di mine
sulla Batognica era quindi conclusa per sempre.
Qui sotto lo schema delle gallerie italiane ed austro-ungariche e la
zona degli scoppi delle camere di mina, indicate dai crateri.