La conquista di Gorizia: piani preliminari

I piani per far cadere la testa di ponte di Gorizia risalgono al termine della quarta battaglia dell'Isonzo, terminata con una dura sconfitta per l'Esercito Italiano. E proprio dal fallimento di questa ennesima offensiva che Cadorna capì che senza la caduta di Gorizia, qualsiasi altra offensiva non si sarebbe conclusa in modo soddisfacente - o con una vittoria - per l'Esercito Italiano. Le truppe italiane dovevano quindi conquistare le colline che cingevano Gorizia per sperare in ulteriori vantaggi per il proseguio delle offensive contro le truppe dell'Austria-Ungheria e la fotografia qui sotto dà un'idea realistica di ciò che le attendeva.

Panoramica del campo di battaglia di Gorizia

Le linee guida [La Guerra alla fronte italiana - L. Cadorna, Treves] dovevano rispettare i seguenti criteri:
1. Conquistare sulla fronte di attacco, dal Sabotino al mare, mediante operazioni metodiche, le posizioni più adatte a servire la linea di partenza per l'attacco.
2. Aumentare nel tratto prescelto per la rottura i mezzi offensivi, che l'esperienza aveva dimostrato necessari, concentrando sulla fronte stessa le rtiglierie di nuova costruzione e le batterie di bombarde che durante l'inverno si andavano allestendo alla scuola bombardieri di Susegana.
3. Organizzare l'impiego di questi mezzi in modo da acquistare la "matematica certezza" che nel giorno dell'azione e sul tratto di fronte prescelto saremmo riusciti a rimuovere ogni ostacolo materiale all'avanzata della nostra fanteria.
4. Agguerrire le truppe, specialmente le unità di nuova formazione.
5. Accumulare, mediante una razionale economia, le munizioni occorrenti per l'azione.

Mentre fervevano i preparativi (gennaio 1916), due avvenimenti intralciarono i piani di Cadorna: la Strafexpedition in Trentino e l'offensiva tedesca a Verdun. In particolare la Strafexpedition, mise in allerta Cadorna riguardo l'impreparazione dei comandi (cosa da evitare assolutamente se l'Esercito Italiano voleva prendere la città di Gorizia e far cadere il fronte dell'Isonzo). Riguardo ai fatti di Verdun, gli impegni presi dall' Italia con l'alleato francese, impedì la non partecipazione, scaturendo di fatto la quinta battaglia dell'Isonzo che era da intendersi come una serie di azioni dimostrative da compiersi lungo il tratto di fronte del medio e dell'alto Isonzo. In realtà si trattò di un altro assaggio delle difese austro- ungariche della testa di ponte di Gorizia, oltre ad altri attacchi contro il Monte San Michele ed un ulteriore assalto in zona Selz-Monfalcone. Le perdite da parte italiana furono molto gravi per intendere gli attacchi solo come "azioni dimostrative" ed i vantaggi acquisiti pressoché irrilevanti; la linea difensiva austro-ungarica, per il momento, rimaneva intatta.

Cadorna, nonostante impegnato a fronteggiare la situazione sugli Altipiani (Strafexpedition), iniziò un carteggio con il Duca d'Aosta, comandante della III Armata, direttamente coinvolta nei preparativi di attacco contro la testa di ponte di Gorizia. Il carteggio verteva sull'organizzazione della fronte di attacco e sull'impiego delle artiglierie che per questo massiccio attacco, dovevano appoggiare la fanteria spianandole la strada. Mentre la Strafexpedition era ancora in corso, il carteggio tra Cadorna ed il Duca d'Aosta si infittì notevolmente. Da una parte il Duca d'Aosta suggeriva di allargare la linea di fronte fino a comprendere nell'offensiva anche il Monte San Michele e San Martino del Carso, ancora in mano agli Honved ungheresi, dall'altra invece Cadorna cercava di restringere il fronte in modo da concentrare il fuoco di una gran massa di artiglierie quasi esclusivamente su Gorizia e le posizioni austro-ungariche che la proteggevano.
In realtà i piani originari sposavano i suggerimenti del Duca d'Aosta (spostamento del fronte di attacco fino a comprendere il Monte San Michele e San Martino del Carso, forse anche per una questione di prestigio voluta dal Duca) ed infatti l'offensiva era divisa in due tempi: Conquista di Gorizia e, in un secondo tempo anche quella del Monte San Michele e, di conseguenza, San Martino del Carso. Ma i fatti derivati dalla Strafexpedition consigliarono a Cadorna di rivedere i piani ed a limitare appunto l'offensiva alla sola testa di ponte di Gorizia a causa del logorio di truppe e materiali per contrastare l'attacco austriaco sugli Altipiani.
Le cose in Trentino non andavano molto bene ed a stento gli Italiani riuscivano a contenere gli Austriaci in avanzata. La stabilità dell'Italia fu messa in serio pericolo ed iniziarono i dissidi tra il governo e Cadorna. Si arriva quindi al 25 giugno del 1916, quando gli austriaci, ormai sconfitti, iniziarono il ripiegamento. L'Italia era salva e Cadorna poteva continuare ad organizzare i piani di attacco sull'Isonzo e che aveva dovuto sospendere temporaneamente a causa della Strafexpedition.
Ancora una volta, il 26 giugno 1916 Cadorna scrive una lettera al Duca d'Aosta per fissare i limiti di fronte entro i quali si doveva scatenare l'assalto alla testa di ponte di Gorizia. La linea di attacco era quella Monte Sabotino-Podgora. Su questa linea doveva scatenarsi l'inferno. Il Duca d'Aosta rispose che l'attacco principale si sarebbe svolto contro il Sabotino e le colline di Oslavia e Grafenberg e che attacchi secondari sarebbero stati lanciati contro il San Michele e Plava così da stornare forze nemiche e concentrarle anche in queste due zone.
Il Duca d'Aosta non aveva alcuna intenzione di mollare e voleva assolutamente conquistare il San Michele che, fino a quel momento, aveva ingoiato gran parte degli effettivi della sua III Armata e che, di li a pochi giorni, altri ne avrebbe ingoiati a causa dell'attacco con i gas prodotto dagli Austriaci il 29 giugno 1916.
Per quanto gli fosse possibile, il Duca d'Aosta cercava di confondere il Cadorna assecondandolo sul fatto chel'azione delle artiglierie doveva essere incisiva, improvvisa, violenta ma soprattutto simultanea, proponendo di fatto anche l'attacco al San Michele che doveva partire in contemporanea con quello alla testa di ponte di Gorizia settore Monte Sabotino-Podgora, come espresso da Cadorna e che prevedeva anche l'impiego di proiettili a gas per bombardare il rovescio del Podgora e le postazioni delle artiglierie nemiche individuate dagli osservatori, cosa che poi non avvenne perché questi proiettili erano stati ritirati per malfunzionamenti vari, come gli rispose il Duca d'Aosta.
Il 30 giugno 1916 Cadorna approvò il piano definitivo per l'attacco alla testa di ponte di Gorizia sulla linea Monte Sabotino-Podgora, includendo anche l'estensione degli attacchi contro il Monte San Michele che, a questo punto e visto quanto accadde proprio il giorno prima, doveva assolutamente essere neutralizzato spazzando via gli Honved ungheresi dalla cima del monte.

Ritorna all'elenco degli articoli