Il 29 giugno 1916 gli Austriaci impiegarono i gas asfissianti per la prima volta durante la
controffensiva per la riconquista dell'importante posizione costituita dal Monte San Michele.
All'alba del giorno citato, vennero aperti i beccucci di rame delle bombole contenenti i gas cloro e
fosgene che, aiutati sia dalla conformazione del terreno che dal vento di brezza che soffiava
in direzione delle linee italiane oltre che dall'immediata vicinanza delle prime linee dei due
schieramenti, colpirono di sopresa le truppe italiane attestate sulla cima del San Michele.
Le posizioni austro-ungariche si estendevano da Cima 4 fino a San Martino del Carso; quelle
italiane occupavano la restante parte del Monte e scendevano praticamente parallele a quelle
austro-ungariche. La distanza tra gli ordini delle trincee italiane ed austro-ungariche non
superava il centinaio di metri, forse meno e, in alcuni casi, queste si trovavano a pochissimi
metri le une dalle altre, rendendo così particolarmente efficace l'azione dei gas asfissianti.
Le truppe italiane furono colte completamente di sorpresa; era la prima volta che vedevano
i gas impiegati durante un'azione di controffensiva. Quasi tutti i soldati presenti nelle
trincee di prima linea rimasero uccisi nel sonno o cercando di mettersi in salvo. La nube
gassosa continuò la sua corsa investendo anche le truppe che si trovavano disposte nei ricoveri
e nei profondi camminamenti di collegamento alle trincee della prima linea, con i soldati che
non riuscirono quindi a portarsi a distanza utile per arginare il successivo attacco delle
truppe austro-ungariche. Queste avanzarono indossando le maschere antigas ed impugnando le
mazze ferrate con le quali finirono i moribondi.
Lentamente i sopravvissuti riuscirono a respingere l'attacco austro-ungarico fino a ridurlo
completamente nel primo pomeriggio, complice anche il cambiamento del vento che spostò la
nube verso le posizioni austro-ungariche. Furono catturati numerosi prigionieri tra ufficiali e
soldati dell'Impero che portavano ancora la mazza ferrata al polso. Questa era un'arma non
gradita all'Esercito italiano. Fu giustificata come mezzo per la lotta corpo a corpo e forse
poteva anche essere così ma il fatto è che molti degli ufficiali dichiararono che il combattimento
con la mazza ferrata era stato premeditato e facente parte dei piani. Soldati ed ufficiali austro-
ungarici trovati in possesso di mazze ferrate o visti percuotere ripeturamente i soldati italiani
inermi furono immediatamente fucilati sul posto. Gli altri cercavano di sbarazzarsi della
temuta arma prima della cattura per non incorrere nella fucilazione immediata.
Le perdite: più o meno 6500 uomini tra gasati e feriti. I reparti in linea il 29 giugno 1916 sul
Monte San Michele erano quelli appartenenti al XI Corpo d'Armata.
Bibliografia: La Guerra dei Gas - Mantoan N. - Bollettino III Armata USSME
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