Frammenti dal diario di Ambrus Sinkovics, parte I

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Il 24 maggio ci hanno portato sull'altopiano di Doberdò. Nei due giorni seguenti abbiamo costruito una trincea; il 27 abbiamo avvistato una pattuglia italiana.
Il 28 i taliani si sono rapidamente avvicinati e si sono posizionati sulla linea di fuoco. Siamo riusciti a respingerli.
Il 29 si è scatenata una piccola bataglia.
Il 30 il reggimento taliano si è spinto fino alla nostra trincea, ma quando abbiamo cominciato a sparare, si sono dimostrati disorientati, perché non comprendevano che cosa stesse succedendo; si sono resi conto solo quando uno dei loro è caduto colpito a morte.
Per tutto il giorno del I° giugno 1915 gli spari non ci hanno dato tregua. Il giorno seguente - era la domenica di Pentecoste - c'è stato un gran silenzio.
Il 3 - lunedì di Pentecoste - all'una e mezzo del pomeriggio i taliani hanno cominciato a sparare con i cannoni nella nostra direzione: sembrava il giorno del giudizio universale. Venticinque sono stati i nostri morti, tre i feriti.
Il 4, già di primo mattino hanno ripreso a sparare; questa volta le nostre perdite sono state nove, sei i feriti.
Il 5 degli europlani e uno zeppelin sorvolavano continuamente la nostra postazione, mentre l'artiglieria nemica continuava a far fuoco senza sosta. Fanti di ambo gli eserciti sono stati coinvolti in una grande battaglia. E intanto continuava a piovere; ormai ci trovavamo immersi nell'acqua. Non osavamo alzarci, perché i taliani si trovavano a 70 passi davanti a noi. Cercavamo di dormire confidando nell'aiuto di Dio che la prossima bomba non ci avrebbe colpoito.
Ventuno sono stati i morti, ottantatre i feriti, trentacinque i dispersi.
Il 6 è stata una giornata tremenda come il giorno precedente.
Alle 4 del mattino i taliani hanno riaperto il fuoco: una nuvola di polvere ci stava soffocando! Anche gli europlani hanno sorvolato tutto il giorno la nostra postazione, cosa insolita perché generalmente li avvistiamo dopo le 3; siamo rimasti seduti al riparo delle rocce sperando nell'aiuto di Dio. Ventidue sono stati i morti, tre i feriti, quattro compagni sono usciti di senno per il continuo martellamento.
Il 7 ci siamo alzati al mattino grati a Dio di essere ancora vivi. Non eravamo però sicuri di poter arrivare alla sera. Chi poteva scommetterci?
Faceva molto caldo. Per tutto il giorno si è continuato a sparare: cinque sono stati i morti, dodici i feriti.
Alle tre del mattino del giorno 8 hanno ricominciato a sparare. La terra ci tremava sotto i piedi! Faceva molto caldo. Non avevamo nemmeno acqua per poterci dissetare, ce l'ha portata Kiss, nato a Buekk, l'ha portata con un carro tirato da cavalli.
Durante la giornata del 9 abbiamo portato via i cadaveri dei taliani, che giacevano davanti alle nostre trincee, e li abbiamo seppelliti. In tutto centoventi uomini.
Per tutto il giorno 10 i colpi non hanno sferzato l'aria.
Ma il giorno seguente, l'11, si è ripreso a sparare. Una cruenta battaglia ha scandito le ore della giornata; intanto continuava a piovere. Quando la pioggia si faceva più intensa, i taliani passavano al contrattacco.
Alle tre del mattino del 12 i cannoni ci hanno svegliato. Una bomba ha raggiunto il nostro riparo causando due morti, sette feriti: tre dei nostri sono impazziti.
Ogni giorno, ma soltanto alle 11 della sera, ci portarono qualcosa da mangiare.
Per tutto il giorno del 13, dalle 8 di mattino alle 9 di sera, c'è stato un ininterrotto combattimento a fuoco tra le fanterie! Trentanove morti, ventuno feriti e sessantadue prigionieri. Durante la notte abbiamo seppellito i morti, che i colpi dell'artiglieria italiana sicuramente disseppellirà il giorno successivo.
Alle ore 10, a pochissimi passi da me ho contato 28 palle di cannone, un tronco di soldato morto mi ha travolto. Allora ho pensato: non basta che il poveretto sia morto, nemmeno da morto trova pace! Alle ore 12 mi hanno catturato i taliani, ma la loro fortuna non è durata a lungo; infatti alle 12 e mezzo sono riuscito a scappare ed a ritornare dai miei compagni. Un ricordo davvero terribile.
Il 15 mi sono ammalato. Dai compagni che ci hanno lasciato per sempre abbiamo recuperato del pane, dei viveri, delle sigarette, del lardo, ma nulla mi soddisfava.
Il 16 sono andato dal medico nella tenda del Pronto soccorso, ma mi ha buttato fuori dicendomi: "Se ne vada, Lei sta barando, mascalzone!". Era un medico militare di Lahin.
Quella mattina eravamo stati svegliati dal mortaio taliano 28. Un colpo dietro l'altro e continuava a fare molto caldo! Da due giorni non avevamo più acqua. Tristi, arsi dalla sete, ci siamo riparati dall'afa soffocante tr le rocce. Non ci mancava da mangiare, molte volte però davamo un'occhiata al cibo senza riuscire a ingoiarlo, molte altre l'abbiamo gettato, perché la nostra gola era arsa dalla sete e dal caldo infernale.
Il 17 dai cadaveri davanti a noi emanava un tanfo insopportabile. Ci siamo presi il tifo. Ma il nostro maggiore, Heller, non permetteva che ci si dessero il cambio.
Il 18 l'XI Compagnia è stata mandata a Sagrado, davanti alla linea d'attacco, perché i taliani non la prendessino. Ma quando si è fatta sera, il 3° Reggimento italiano composto da 15.000 uomini, è arrivato davanti alla nostra postazione: noi eravamo solo in 285. I taliani hanno cominciato a sparare con una tale foga da provocare proprio dei solchi nel prato davanti a noi. A mezzanotte siamo riusciti a rientrare nel nostro riparo. Ferencz Kosztin ed io abbiamo trascinato dentro il capitano, ma nel farlo abbiamo dovuto abbandonare il nostro equipaggiamento. Poi, dopo averlo consegnato al maggiore Heller, siamo ritornati fuori per recuperare le nostre cose; la fortuna ci ha assistito. La nostra compagnia è riuscita a catturare 265 taliani, che ci hanno detto in quanti si trovavano davanti a noi. L'XI Compagnia ha subito ventidue perdite; quarantadue sono stati i feriti, ventiquattro i prigionieri.
Il 19 vagavamo come anime in pena. Intanto si continuava a sparare! Il comandante di unità solitamente ci mandava dove il fuoco era più intenso. Così anche il 20. Il 21 ci è stato concesso finalmente il cambio con il 17° Reggimento Honvéd.
Ci siamo ritirati vicino a Goerz, tra le riserve. Il 22 ci siamo finalmente lavati. Il 23 è stata effettuata un'ispezione alle armi. Il 24 il tenente Kern è venuto da noi ed ha assunto il comando dell'unità. Eravamo in 34.
Il 25 è stata una giornata interminabile durata dalle 4 del mattino alle 10 di sera.
Sistemata la nostra roba il alto, ci siamo stretti l'uno all' altro, tanto da dover anche pisciare nei pantaloni. Non osavamo sollevarci, perché i taliani ci potevano colpire alla testa. E' stata una grande angoscia!
Il 27 ci hanno svegliato i mortai 28. I taliani hanno continuato tutto il giorno: ben 562 volte con un solo cannone, e di cannoni ne avevano 62! Riusciamo a vederli con il binocolo.
Il 28 il tenente Kern, di Vasàvar, ci ha detto: "Figli miei, oggi i taliani ci cattureranno!" E in parte si è avverato.
Il 29 eravamo in 32, il 30 in 25.
Rif. bibliogr.: Testimonianze dal fronte, ed Laguna,2003

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