Giustizia sommaria in Austria-Ungheria

In tutti gli eserciti impegnati nella guerra 1915-18 era prevista una figura che convalidasse la condanna a morte comminata ai soldati rei di un reato per il quale questa era prevista. Per quanto riguarda l'Austria- Ungheria, questa funzione era espletata dal comandante del reparto presso il quale si insediava il tribunale. Questi in sostanza aveva il diritto di confermare la sentenza pronunciata dal tribunale ma, in ogni caso, i condannati avevano il diritto di appellarsi alla grazia sovrana, un diritto che ai soldati dell'Esercito italiano era negato.
Più che i soldati, i tribunali dell'Impero colpivano molto spesso civili sospettati di spionaggio o atti di sabotaggio, colpiti più che altro per futili motivi razzisti o religiosi che non per veri e propri atti di spionaggio o sabotaggio, peraltro documentati da fotografie scattate da fotografi incaricati dai comandi superiori. Si voleva così ammonire e prevenire anche atti di diserzione ed azioni ostruzionistiche da parte della popolazione civile; molto spesso i civili cadevano nelle maglie della giustizia militare a causa di malintesi o sfiducia o per "sentito dire", come del resto accadde un pò in tutta Europa durante la Grande Guerra.
Diverso il discorso per quanto riguardava il trattamento degli sbandati e per chi invece tentava la diserzione; generalmente il disertore o l'intenzionato veniva sottoposto ad una specie di "recupero" offrendogli una seconda possibilità. Ovviamente questa non era la regola per eccellenza ed infatti si registrarono casi di condanna a morte contro soldati disertori ma in misura ben minore rispetto all'Esercito italiano.
E' da dire che il codice penale militare dell'Impero Asburgico era piuttosto datato ma in parte riadattato alle più moderne esigenze dal codice di procedura penale militare del luglio 1912, pertanto attuale nella forma. Ritornando ai Civili, parte in causa particolarmente colpita dalle procedure dei tribunali militari, l'articolo 454 del Codice di procedura penale contemplava che i civili dovessero essere giudicati dai tribunali militari qualora i tribunali civili fossero impossibilitati ad contemplare la giustizia ordinaria nei territori occpati. Tralasciando le varie fasi di giudizio e convalida delle sentenze pronunciate dai tribunali, vale la pena di sottolineare che, contrariamente a quanto avveniva per l'Esercito italiano nel quale erano gli ufficiali ad aver diritto all'applicazione della giustizia sommaria (articolo 40 c.p.m. e circolari Cadorna varie), il Codice austriaco descriveva con estrema precisione quali erano gli ufficiali che potevano esercitare l'esecuzione immediata di soldati condannati senza processo. L'articolo 264 del Codice penale dell'Impero prevedeva infatti che si poteva procedere all'esecuzione immediata nel caso in cui soldati in precedenza già avvisati riguardo i loro comportamenti, continuassero a tenere un atteggiamento che "turbava la disciplina e l'ordine". In base all'articolo 321 si poeva procedere all'immediata impiccagione nel caso in cui soldati o civili venissero trovati in flagranza di reato per atti di spionaggio.
Anche gli ufficiali austro-ungarici avevano il loro bel da fare per spingere gli uomini fuori dalla trincea nel momento dell'attacco ma, nei casi di soldati recidivi, all'esecuzione sommaria veniva preferita di gran lunga la bastonatura. Le pene corporali erano quindi le preferite come esempio per la truppa molto spesso riluttante ad eseguire gli ordini impartiti dai superiori. Certo queste non erano una regola bensì una consuetudine non prevista dal codice di procedura penale ed infatti, accadeva anche che nel caso di diserzione o resa di massa, si preferiva piuttosto ricorrere alla mitragliatrice ma era una soluzione di applicazione di giustizia sommaria quasi inesistente o irrilevante a livello statistico.
Il fatto accaduto al forte di Luserna, punto chiave della difesa austro-ungarica sull'Altopiano di Lavarone, ne è la testimonianza. Dopo il violento bombardamento italiano iniziato il 25 maggio 1915, il comandante del forte decise di arrendersi ed il 28 innalzò le bandiere bianche in segno di resa. L'artiglieria austriaca non bombardò il forte con gli sbandati mentre erano ancora tra i ruderi delle mura del forte bensì gli italiani che si avvicinavano per trattare le condizioni della resa. Gli italiani si ritirarono ed il comandante del forte fu processato da un tribunale austriaco ed alla fine fu assolto. Diversi furono gli avvenimenti che interessarono invece la Brigata Messina quando il 30 giugno 1915 a causa di uno sbandamento durante un attacco fu mitragliata da reparti italiani come previsto dalle circolari che avallavano ed incoraggiavano la giustizia sommaria nell'Esercito italiano.
Fonti bibliografiche: Trattato di diritto e procedura penale, v. I, Hoepli, 1917; Le fucilazioni sommarie nella Prima Guerra Mondiale, Gaspari ed.,2004; Tappe della disfatta, Mursia, 1973

Ritorna all'elenco dei documenti