La febbre da trincea

La febbre da trincea fu un'altra malattia che si manifestò tra le truppe costrette nelle trincee. Il nome "febbre da trincea" molto probabilmente è da ascrivere ad una condizione psicologica sviluppata dai soldati durante la permanenza nelle trincee, nella maggior parte di prima linea e quindi più a contatto con il pericolo.
Per dire la verità, la febbre da trincea non era una malattia da prendere alla leggera ed anzi, era potenzialmente fatale. Poteva essere accomunata al tifo e dar vita ad epidemie di vaste proporzioni, indebolendo in pochi giorni la linea di fronte nella quale venivano a trovarsi le truppe con i sintomi e la malattia completamente sviluppata. E' da sottolineare che al termine della Grande Guerra, la febbe da trincea sparì completamente.
Le cause della malattia erano dovute alla scarsa nutrizione ed alle condizioni debilitanti alle quali si esponevano i soldati durante i loro turni nelle trincee. La causa scatenante della febbre erano i pidocchi, sempre presenti in abbondanti quantità in trincea: l'igiene non esisteva. Il responsabile dell'infezione era il pidocchio Rickettsia quintana che riusciva a depositare le sue larve nelle vene delle vittime al momento del morso. Virtualmente tutti i presenti nelle trincee avevano i pidocchi e quindi il numero di uomini affetti dalla febbre da trincea era potenzialmente elevato, tanto più che l'ambiente era praticamente perfetto per la diffusione rapida di epidemie e non solo di febbre da trincea.
Gli ospiti delle trincee, tutte, notoriamente erano i ratti, che raggiungevano dimensioni ragguardevoli. Erano i portatori del Rickettsia quintana che, in ogni caso, non li mordeva ma li utilizzava solo come "mezzo di trasporto" per arrivare ad installarsi nel corpo dei soldati ed iniziare l'opera riproduttiva. Inoltre, un'altro veicolo di infezione erano le latrine, meta preferita dei ratti e quindi dei pidocchi in questione.
Dopo che la vittima era stata punta dai pidocchi iniziava la fase di incubazione che, in genere, era di una settimana, anche meno secondo lo stato fisico dei soggetti. I sintomi apparivano dopo una ventina di giorni dal termine della fase incubatoria: forti mal di testa, mal di schiena, presenza di congiuntivite e brivido intenso. Il punto nel quale il pidocchio (o i pidocchi) avevano morso si ulcerava rapidamente dopo la presenza dei sintomi, diventando, nei casi più gravi, di aspetto cancrenoso, con sporgenti bubboni sotto pelle e quindi un ragguardevole rigonfiamento della parte interessata dal morso.
La temperatura corporea saliva rapidamente arrivando ai 40° C. La febbre perdurava e già dopo pochissimi giorni il soggetto iniziava ad avere irritazioni sul petto, nella zona addominale e sugli arti. Iniziava ad essere interessato anche il sistema nervoso con il soggetto che iniziava a diventare apatico ed indifferente di giorno ed in preda al delirio di notte.
Il trattamento privilegiato sarebbe stato quello a base di antibiotici ma, durante la Grande Guerra questo non esisteva ancora. L'unica cosa da fare era di trattare i sintomi singolarmente anche se spesso di questa malattia si moriva. La febbre alta perdurava per un paio di settimane, anche più in base alle condizioni fisiche iniziali del soggetto interessato, per poi sparire completamente quanto improvvisamente. La morte, nei soggetti maggiormente debilitati, sopraggiungeva per arresto cardiaco causato dal costante innalzamento della temperatura corporea. I soggetti che riuscivano a superare il lungo periodo di crisi, dovevano fare attenzione in quanto le loro feci risultavano essere ancora veicolo di contaminazione. L'igiene inesistente favoriva pertanto l'ulteriore contagio. E' ovvio che un soggetto guarito poteva contrarre nuovamente la febbre da trincea. E' incredibile come la febbre da trincea sia stata responsabile di quasi il 15% delle perdite degli uomini in servizio in trincea.

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