Bollettino del Comando Supremo del 30 giugno 1916 sull'attacco austro-ungarico del Monte San Michele

Bollettino del 30 giugno 1916 del Comando Supremo
Sul Carso, nella zona del Monte San Michele e di San Martino, l'avversario, disperando di contrastare in altro modo la nostra azione offensiva, spinse ieri sulle nostre linee, dense nubi di gas asfissianti, alle quali fece seguire un violento contrattacco. Le nostre valorose truppe, sfidando gli elementi deleteri dei gas, respinsero con magnifico slancio le colonne nemiche, infliggendo loro sanguinose perdite e prendendo 403 prigionieri.

Seguirono gli interrogatori dei prigionieri e, una volta raccolte e vagliate tutte le testimonianze, il Comando Supremo diramò un altro bollettino inviato ai comandi.

Particolareggiate notizie di varia fonte, ma assai attendibili, intorno all'attacco eseguito dagli austriaci con l'aiuto dei gas asfissianti, il giorno 29 giugno, nella zona di S. Michele e di S. Martino del Carso, mettono in luce l'importanza che il comando nemico annetteva all' operazione, la cura meticolosa con la quale la preparò, il gravissimo scacco che vi subì.
Si premette che è ormai accertato che gli austriaci, insieme alal grande offensiva in Trentino meditassero nel maggio scorso anche un serio attacco dal basso Isonzo, per il quale facevano sicuro assegnamento sul richiamo di tutte le nostre riserve in Trentino e anche su una sensibile diminuzione delle nostre forze sull'Isonzo. E però anche qui contavano su una sicura fulminea avanzata, per la quale tutto era stato predisposto. Come sempre non mancò la nota barbara quanto ridicola nei preparativi del comando nemico. Così vennero designati ufficiali che, durante l'invasione della pianura veneta, avrebbero dovuto marciare al seguito delle truppe e raccogliere gli oggetti più preziosi e le opere d'arte nei nostri musei e nelle chiese per spedirli poi nell'interno della monarchia. Tali ufficiali erano stati persino muniti di guide Baedeker e di opere della storia dell'arte!
Considerazioni di indole varia, essenzialmente la tenace nostra difesa in Trentino, le gravi perdite ivi sofferte dal nemico, la vittoriosa nostra resistenza agli attacchi austriaci del 15 e 16 giugno nel settore di Monfalcone, la persuasione così acquisita che la nostra fronte dell'isonzo fosse sempre ben guarnita, dissuasero il comando nemico dall'insisere nel suo vasto progetto primitivo. Ad esso si venne però man mano sostituendo l'idea d'un attacco più limitato sul Carso, donde col potente aiuto dei gas asfissianti si riteneva di potere facilmente ricacciare le nostre truppe sino alla linea dell'Isonzo.
L'attacco con i gas venne preparato con la cura e meticolosità consueta del comando austriaco. Furono fatti molti esperimenti, a uno dei quali, il 22 giugno, nei pressi di Segeti, assistettero il generale Boroevic, comandante dell'armata del basso Isonzo e l'arciduca Giuseppe, comandante del VII Corpo. Si esercitarono i soldati all'uso delle maschere di protezione. Agli ufficiali della ventesima divisione Honved, designata all'attacco, fu tenuta in Biglia una conferenza sull'uso dei gas, alla fine della quale però non pochi ufficiali espressero la propria riprovazione circa l'impiego di tale sleale mezzo di guerra. Tra essi, il generale Sarkany, comandante la 18a brigata Honved, piuttosto che rinunciare ai propri convincimenti chiese di essere esonerato dal comando.
Il deposito principale dei gas fu stabilito a Lubiana; quello avanzato a Ranziano. Le installazioni per l'attacco furono fatte nella zona di S. Michele e di S. Martino del Carso, lungo la fronte della 20a divisione Honved e della 174a divisione di fanteria. I gas, ad alta pressione, erano racchiusi in bombole metalliche, ciascuna munita di rubinetto e di un tubo di efflusso. Tali bombole furono colocate in casse di legno imbottite con sacchetti di sabbia, a protezione dagli eventuali tiri delle nostre artiglierie, e le casse disposte nei punti più favorevoli all'emissione dei gas, in terreno piano e in corrispondenza delle testate dei valloncelli.
Quest'ultima operazione fu fatta in gran segreto, nella notte del 26 giugno. Poichè il vento non favorevole ritardava l'attacco, furono prese speciali misure di sorveglianza per impedire le diserzioni, per mezzo delle quali avremmo potuto conoscere i propositi del nemico.
La nostra brillante offensiva del giorno 28, sul Carso, e i notevoli progressi per effetto di essa conseguiti, consigliarono il comando nemico a mandare senz'altro a effetto il tentativo con i gas nel mattino del 29. Pare accertato che il raggio d'azione deleterio dei gas si estende acinque chilometri, e a un chilometro l'effetto letale. Il comando austriaco calcolava perciò che i gas, emessi sul S. Michele, raggiungessero l'Isonzo e questo obbiettivo assegnò ai reparti che dovevano irrompere nelle nostre linee dopo avvenuta l'emissione. Vennero preparate le colonne d'attacco designando i reggimenti 1° e 17° della 20a divisione Honved, assai stimati e giunti in posizione nella notte sul 29, in sostituzione dei reparti già duramente provati nei nostri attacchi del 28. Furono assegnate alle fanterie reparti di zappatori per la distruzione delle difese accessorie antistanti alle nostre trincee e per rovesciare la fronte di queste non appena fossero state occupate.
Alcuni ufficiali d'artiglieria seguirono le fanterie con lo scopo di stabilire subito osservatori sul ciglio dominante le nostre posizioni, per meglio regolare il tiro delle proprie artiglierie.
Al mattino del giorno 29, tra le 5 e le 5.30, dopo violento fuoco di artiglieria sul rovescio delle nostre posizioni nella zona di S. Michele e di S. Martino del Carso e sui passaggi dell'Isonzo, il nemico lanciava d'improvviso densi soffioni di gas, che, col favore d'un lieve vento in direzione del piano, investivano le nostre linee in quel settore. In un primo momento, sotto l'influsso dei fulminei effetti letali o di annichilimento, fu possibile alle colonne nemiche spinte all'attacco, di penetrare in alcune nostre trincee. Ma accorsi prontamente i rincalzi, le nostre valorose truppe, sfidando gli effetti dei gas, e con immediato, violento contrattacco sloggiarono ovunque l'avversario, infliggendogli perdite sanguinose e prendendogli 403 prigionieri.
Per le concordi deposizioni di essi è accertato che gravissime furono le perdite nemiche, sia in conseguenza del nostro fuoco, e dei violenti corpo a corpo, sia anche per effetto degli stessi gas. Alle ore nove del mattino, i due battaglioni impegnati del 1° Honved, avevano già almeno 800 uomini fuori di combattimento; perdite fortissime ebbe pure il 61° fanteria.
I prigionieri si dimostrarono terrificati dalla magnifica furia del nostro contrattacco alla quale certo potentemene contribuì l'indignazione dei nostri soldati per il barbaro mezzo di lotta usato dall'avversario. E' già noto come questo avesse anche costituito squadre speciali di uomini muniti di mazze chiodate, con l'incarico di finire a colpi di randello i nostri, trovati tramortiti per l'effetto dei gas.

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