La conquista di Gorizia: situazione dopo la caduta della città

Mappa delle posizioni dopo la caduta di Gorizia

Giovedì 10 agosto
Gli austro-ungarici occupavano la nuova linea di resistenza che doveva sbarrare la strada all'ulteriore avanzata delle truppe italiane. La nuove linea era fortemente munita e si raccordava perfettamente con le posizioni tenute dalla 62a Divisione disposta a nord, da Plava fino al Monte Santo e con quelle della Vertoibizza tenuta dalla 43a Divisione Landwehr.
Il Comando Supremo ordina l'avanzata perché battere sul tempo la "rotta" - come era stata intesa dai comandi italiani - delle truppe di Boroevic era condizione essenziale per assicurarsi anche le alture che dominavano Gorizia e, per così dire, mettere in cassaforte la recente conquista.
I nuovi obiettivi erano i seguenti:
- Monte Santo;
- Monte San Gabriele;
- Monte San Marco;
- Avanzata celere dal Carso fino al Vallone.

Medio Isonzo
La manovra accerchiante era iniziata fin dal giorno 9 agosto con la IIa Armata impegnata a mandare le proprie truppe contro la dorsale Kuk-Vodice-Monte Santo. L'attacco non riuscì per svariati motivi, primo fra tutti la scarsità di munizioni di artiglieria che impedì l'abbattimento dei reticolati di fronte alle posizioni austro-ungariche. Il comando della IIa Armata si ripropose pertanto di ritentare il giorno seguente, 10 agosto.

Settore del Carso
Le truppe della IIIa Armata tentano di raggiungere il Vallone come da disposizioni del Comando Supremo per arrivare fino al fiume Vipacco. Le fanterie riescono a sbaragliare la resistenza austro-ungarica ancora attiva nei pressi di Rubbia, alle pendici del Monte San Michele in direzione di Gorizia, ed a scendere fino al fiume. Boroevic aveva comunque ordinato l'evacuazione delle posizioni, cosa che fu effettuata durante la notte del 10 agosto. Gli austro-ungarici sgombrano quindi l'altopiano di Doberdò lasciando strada libera alle truppe italiane. Continua invece la resistenza intorno a Monfalcone, Debeli e q. 121.
Le truppe del XI c.A. italiano superano il Vallone ed arrivano quindi fino al Nad Logem. Di fronte a loro la piana di Gorizia. Quelle del XIII c.A. raggiungono il Crni Hrib; quelle del VIII si insediano sul Monte Cosich ed il paese di Doberdò proseguendo verso Monfalcone dove però, come già detto, non riescono ad occupare le q. 85 e 121; era solo questione di ore.

Venerdì 11 agosto
La giornata è favorevole alle truppe italiane impegnate sul Carso. Cadono completamente le q. 85 e 121 di Monfalcone e praticamente gli Italiani diventano i padroni del Carso di Monfalcone e dell'altopiano di Doberdò. Le truppe austro-ungariche si erano ritirate sulla linea: S. Grado di Merna-Nad Logem-Lokvica-Opatja Selo-Nova Vas-Crni Hrib. Ma anche questa linea era destinata a cadere.
Cadorna effettua dei cambiamenti nello schieramento:
- VI c.A. con obiettivo il Monte Santo ed il Monte San Gabriele;
- XXVI c.A. con obiettivo il Monte San Marco;
- VIII c.A. con obiettivo Vertoibizza e relative quote.

Le nuove direttive diramate da Cadorna impegnano la II Armata a raggiungere l'altopiano di Ternova mentre la III Armata che già era insediata sul Carso meridionale con i c.A. VII,XI, XIII era destinata a raggiungere l'Hermada e spianare la strada verso Trieste.

Sabato 12 - Domenica 13 agosto
E' la giornata della III Armata.
I Granatieri di Sardegna, la brgata Catanzaro e la brigata Lombardia riescono ad occupare completamente il Nad Logem. La brigata Regina arriva all'abitato di Opatja Selo. Il VII c.A. occupa definitivamente la q.121 di Monfalcone ed il Debeli.
I successi conseguiti sul Carso consigliarono a Cadorna di agire proprio in quel settore. Gli obiettivi erano le quote della Vertoibizza e oltre, per sostenere l'avanzata del XI c.A. che aveva già superato il Nad Logem.
Cadorna sollecitò anche la presa del San Marco.

Lunedì 14 agosto
Secondo i piani del Comando Supremo, iniziava l'ultima fase della VI battaglia dell'Isonzo. Contrariamente a quanto avvenuto durante la settimana precedente, quando le azioni furono coordinate in modo ottimale, questa ultima fase che forse era ancora più importante dell'occupazione di Gorizia, fu alquanto avara di scrupoli. Pareva che gli Italiani, dopo aver tanto fatto, se ne andassero allo sbaraglio. Questa era l'impressione.
Ore 7: l'artiglieria italiana apre il fuoco contro le posizioni austro-ungariche sulla linea destinata all'attacco:

- VI, VIII e XXVI c.A. con obiettivo il Kuk e le colline ad est e a nord di Gorizia;
- VII, XI e XIII c.A. con obiettivo le difese austro- ungariche situate ad est del Vallone.

Il terreno già sconvolto da diversi giorni di bombardamento continuo non era dei più semplici da superare e costituiva un ostacolo di per se stesso. Tutte o quasi le trincee erano state polverizzate, c'erano rottami e macerie ovunque e questo complicò molto tutto il lavoro di trasporto delle artiglierie in punti più vicini agli obiettivi da raggiungere. Il fuoco dell'artiglieria che cominciò di primo mattino non fu infatti efficace. Le difese austro-ungariche erano state colpite solo leggermente; in alcuni casi per niente ed i reticolati erano ancora intatti davanti alle trincee che le fanterie italiane dovevano conquistare. Inoltre, le truppe italiane erano stanche e piuttosto provate dopo la settimana di intensi combattimenti e l'impatto psicologico di trovarsi davanti ad una nuova formidabile linea di difesa organizzata dai comandi austro-ungarici, contribuì ad abbassare il morale della truppa in generale.
I combattimenti continuarono per altri due giorni ma si può dire che ormai la battaglia di Gorizia, e più in generale la VI battaglia dell'Isonzo era ormai conclusa. Infatti, il 16 agosto il Comando Supremo diramò l'ordine di cessare gli attacchi ed attestarsi a difesa sulle posizioni conquistate.

Epilogo
La conquista di Gorizia per gli Italiani era la prima vera vittoria dopo più di un anno di guerra di logoramento. Come in tutte le battaglie, le perdite furono comunque elevate per entrambi gli schieramenti ed il risultato finale non poteva che essere negativo per la Duplice Monarchia ma non tanto sotto il profilo militare bensì sotto quello politico. Certo perdere Gorizia era un duro colpo per l'Austria ma, in ogni caso, le truppe si erano ben comportate nonostante l'inferiorità di mezzi mostrata nei confronti di quelle italiane. La nuova linea difensiva organizzata da Boroevic era formidabile e si sviluppava su posizioni difficilmente prendibili e molto organizzate in termini di fortificazioni. Infatti, l'avanzata italiana, una volta occupata Gorizia, praticamente si arrestò contro la nuova barriera difensiva costituita dagli austro-ungarici. La troppa dimostrata dai comandi italiani in più occasioni durante la Grande Guerra, anche in questo caso fu decisiva. La guerra, dopo questo breve slancio, ritornò ad essere una guerra di posizione. Molto probabilmente questo poteva essere evitato se Cadorna avesse stornato truppe fresche dislocate nei Pressi di Plava per lanciarle oltre l'Isonzo. Boroevic ed i suoi comandanti non avrebbero avuto il tempo di organizzare la nuova linea difensiva, cosa che per fortuna dell'Isonzoarmee non avvenne e questo portò alle successive sanguinose battaglie dell'Isonzo.

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